Liliana Segre: "Ho imparato a non odiare"

Il 26 novembre del 2019 la classe 4A Liceo, accompagnata dalla docente di Italiano Elisabetta Oggioni e dalla docente di Matematica Matilde Perduto, ha incontrato alla Feltrinelli la senatrice Liliana Segre, che ha raccontato la sua esperienza di deportata al campo di concentramento Auschwitz-Birkenau. Una parte dell’incontro è visibile anche al telegiornale regionale a questo link (al minuto 13).  Inoltre il 4 dicembre gli studenti hanno visitato il Memoriale della Shoah di Milano, dove hanno visto il famigerato Binario21, da cui partirono migliaia di ebrei per i campi di concentramento.

Gli studenti della 4A Liceo hanno scritto alcune riflessioni su queste esperienze.

L’incontro di oggi con Liliana Segre mi ha lasciato nel cuore un senso di rivoluzione all’odio... un vero e proprio andare contro l’odio, in qualunque forma esso si presenti.

Liliana ha pronunciato le seguenti parole: “Io non perdono, io non dimentico. Ma ho imparato a non odiare.”

Questa frase mi ha fatto capire che è molto difficile per una persona che subisce tutto quello che ha passato Liliana, riuscire a non odiare. Ovviamente tutte le persone che sono state deportate nei campi di concentramento hanno subito odio e ne sono stati oggetto, quindi di conseguenza: chi ha subito odio, odia a sua volta.

Liliana dice ancora: “Io ho imparato a non odiare perché ho avuto la fortuna di essere molto amata” ed è vero, solo chi viene amato riesce a non odiare, nonostante tutto ciò che ha dovuto passare.

Mi ha fatto quasi commuovere invece molto il fatto che lei, in conclusione al racconto della sua storia e in risposta ad una domanda, abbia affermato: “Quando diventi nonna la tua vittoria su Hitler è totale; non sei tu che sei morta, ma hai generato vita”.

Infatti ha dato di se l’immagine di una persona molto forte, che è riuscita a diventare testimone di questo fatto storico solo grazie all’amore, che appunto lei aveva generato prima come mamma dei suoi figli e poi come nonna, vincendo la discriminazione di cui era stata oggetto.

Liliana ha detto anche: “La marcia della morte deve diventare marcia della vita”... trovo che questa affermazione sia veritiera al massimo, perché in un continente in cui, nel profondo, batte ancora il cuore nero dell’odio e della morte, l’unico modo per combatterlo è far battere ancora più forte un altro cuore, quello dell’amore e della vita, senza odio ne discriminazione verso nessuno.

Avendo visto anche, alla stazione centrale, il Binario 21 (binario voluto da Mussolini da cui venivano fatti partire segretamente migliaia di ebrei italiani), sono riuscita a comprendere molto meglio tutte le parole pronunciate da Liliana Segre.

In particolare mi sono immedesimata nelle emozioni che tutte queste persone hanno provato, rimanendo molto colpita dalla brutalità con cui venivano trattate e dal terrore di non sapere nemmeno in che luogo si trovassero, sentendo sopra le loro teste dei boati fortissimi, che non sapendo fosse il rumore dei treni che partivano dalla stazione centrale, sembrava quasi un terremoto o una bomba che scoppiava. 

Ho capito quanto tutte queste persone potessero sentirsi umiliate e spogliate dei loro diritti, persino della loro umanità, viaggiando per lunghi giorni senza cibo ne’ acqua, in piedi, ammassati l’uno contro l’altro in vagoni piccoli per la quantità di persone che contenevano e soprattutto con un secchio in cui fare i loro bisogni: come fossero delle bestie.

Vedendo poi un muro intero ricoperto di nomi, quasi 700 (che non sono nemmeno la metà di tutti quelli che sono stati deportati), di cui solo 28 di questi in rosso, che sono tornati vivi in Italia, ho capito veramente la grandezza e la cattiveria con cui questo sterminio è stato compiuto. Mi hanno fatto quasi commuovere, alla fine i video delle testimonianze che venivano proiettati: le persone che hanno e che hanno avuto il coraggio di raccontare e di testimoniare quanto accaduto sono davvero forti e da ammirare.”

Alessia Moneta

L’incontro di oggi con Liliana Segre mi ha lasciato un po’ spaesata soprattutto riguardo un’affermazione che ha fatto durante il suo discorso che cita: “io non perdono, io non dimentico, ma io non odio”. Come è possibile che una persona che ha subito tutta quella violenza e ha provato così tanto dolore non riesca, o non voglia odiare chi ha provocato tutto questo? Non riesco a immaginarmi minimamente il dolore che hanno provato quelle persone e probabilmente io le avrei odiate se fosse capitata a me un'esperienza di questo calibro. Ha parlato però del fatto che è stato un lungo processo quello che l’ha portata al non odio, e questo processo è stato possibile solo perché ha ricevuto molto amore, da parte di suo marito, dei suoi figli, ma soprattutto dei suoi nipoti. Questo è stato l’aspetto che più mi ha commosso di tutto il suo discorso ovvero il fatto che solo grazie alla nascita del suo primo nipote ha deciso di diventare testimone. Ha detto infatti che “Con la nascita dei miei nipoti la vittoria su Hitler è stata totale, perché sono stata in grado di generare figli che hanno generato nipoti. La mia marcia della morte si è trasformata in una marcia alla vita”. L’amore è stata per lei l’ancora di salvezza che l’ha aiutata a crearsi una vita degna di essere vissuta.

La visita al Binario 21 è stata intensa; ho provato diverse emozioni appena ho varcato la soglia e ho visto quel tunnel in lontananza: tristezza, disgusto, dolore e rabbia. Anche se la struttura non è come una volta si riesce a percepire, stando in silenzio ad ascoltare, tutto il dolore provato in quelle stanze, tutte le lacrime versate, il rumore delle speranze che vanno in frantumi. La parte più emozionante è stata però quando ci hanno permesso di salire sui vagoni del treno. Mentre ascoltavo la guida pensavo “In questo esatto punto dove sono io poteva esserci seduto un uomo, giovane magari, che non è mai tornato a casa. Oppure poteva esserci una donna, disperata perché separata dal figlio senza poterlo salutare.” Sono emozioni forti che ti lasciano nel cuore un qualcosa che però non saprei descrivere.

Sara Scattiggio

L'indifferenza è stata più colpevole della violenza stessa, basta odio, dobbiamo ricordare affinché questo scempio non si ripeta.

Lisa Gasperini

Il 26/11/2019 ci siamo recati alla Fondazione Feltrinelli per incontrare la senatrice ed ex deportata Liliana Segre. Abbiamo così avuto la fortuna di ascoltare in prima persona la sua preziosa testimonianza in un lager nazista.

Liliana Segre ha raccontato di essere stata costretta improvvisamente ad abbandonare la scuola e, successivamente, all’età di tredici anni, di essere stata caricata, insieme a tantissime altre persone, su un treno in partenza dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, per essere deportata nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Inizialmente tutti pensavano a un semplice viaggio, ma presto, vedendosi ammassati negli spazi ristretti dei carri-merce, senza poter né bere né mangiare e senza poter usufruire di un bagno (avevano a disposizione dei secchi comuni), capirono che la loro destinazione sarebbe stata tutt’altro che piacevole. Ha accompagnato il racconto di questo episodio con un’agghiacciante metafora:” la firma di Vittorio Emanuele diventava pian piano la rotaia del treno”, facendo riferimento alla firma da parte del re delle leggi razziali, avvenuta il 5 Settembre 1938 nella tenuta di San Rossore, firma che cambiò drasticamente e tragicamente il destino degli ebrei.

Liliana Segre ha inoltre citato una frase che mi è rimasta particolarmente impressa: “non perdono, non dimentico e non odio”, a cui è seguita la domanda di una ragazza presente in sala, su come sia possibile non perdonare e non odiare allo stesso tempo, dopo tutto quello che le è stato fatto. La senatrice ha risposto di essere rinata da questa brutta esperienza e di esserne uscita vincitrice soprattutto nel momento in cui ha avuto dei nipoti. Ha sottolineato l’importanza di guardare avanti verso il futuro, ma senza dimenticare quanto è stato parte del tuo passato, sforzandosi di trovare tutto ciò che c’è di positivo nel negativo.

L’incontro è stato molto interessante, ma avrei voluto che ci parlasse di più circa la sua esperienza all’interno del campo di concentramento, in quanto un conto è leggere sui libri le atrocità commesse all’interno dei lager, un conto è sentirle raccontate da chi, purtroppo, le ha vissute in prima persona. Avrei voluto conoscere le sue paure, le sue sensazioni ed emozioni, anche se è facile immaginarle.

Di Liliana Segre mi ha subito colpito la vitalità, la serenità e l’ironia con cui rispondeva alle domande a lei rivolte, poiché penso che avere queste tre qualità dopo quanto vissuto, sia proprio di una persona che ha raggiunto un grandissimo traguardo: la pace con se stessa e con gli altri.

Alessia Grassi

Per nostra fortuna abbiamo potuto partecipare all’incontro con Liliana Segre organizzato dalla Feltrinelli di Viale Pasubio a Milano.

Per la prima volta siamo riusciti ad avere un confronto diretto con la Senatrice, è impressionante come Liliana Segre riesca a esprime i suoi ricordi in maniera attivista, senza rancore e anche a tratti in maniera ironica sempre con molta leggerezza.

Tutto ciò può essere riassunto in una frase che a parer mio è quella più significativa di questo incontro “Io non dimentico, io non perdono ma ho imparato a non odiare”.

Riccardo Cavattoni

Incontro molto bello e molto toccante. Mi è piaciuto come Liliana Segre abbia spiegato il grave problema del nazismo verificatosi nella prima metà del 900 con una semplicità ammirevole. Ha sempre risposto in maniera precisa alle domande che le sono state fatte trovando il modo di far capire a noi ragazzi perché bisogna cercare che un fenomeno così grave come quello accaduto non si ripeta mai più. Ha dato molta importanza a tutti i concetti che voleva esprimere e questo ha reso la testimonianza molto molto piacevole.

Federico Ciccone

L’incontro con Liliana Segre, senatrice a vita e superstite del campo di concentramento di Auschwitz, è stato sicuramente molto interessante e coinvolgente. Ella, nonostante abbia raccontato poco della sua terribile esperienza, ha saputo entrare nei cuori di chi la stava ascoltando. Le sue parole infatti mi hanno permesso non solo di capire la rabbia, la tristezza e la sofferenza che lei ha provato in quei terribili momenti, ma anche la felicità e la soddisfazione di essere sopravvissuta e di lottare contro coloro che ancora credono in questi spregevoli ideali o che ne fanno uso.

Mi vorrei soffermare però, in particolare, su due sue frasi, le quali mi hanno donato ampi spunti su cui ragionare. La prima è la metafora della trasformazione in binari dell’inchiostro lasciato dalla penna che ha firmato le leggi razziali. La forza di questa immagine è davvero stupefacente. Una firma, una semplice firma, ha causato la sofferenza di migliaia di uomini e la morte di molti di loro. Come si fa a distruggere la vita di migliaia di cittadini solamente per un accordo con un altro Stato? Come si fa a non pensare alle conseguenze di questo accordo? Perché milioni di italiani non hanno reagito o non hanno protestato contro queste leggi? La paura forse, o l’indifferenza, oppure la superficialità. Probabilmente la risposta non la si saprà mai. Fatto sta che ormai è già successo tutto.

La seconda frase che mi ha colpito parecchio è quella in cui la Senatrice ha detto di aver sconfitto i nazisti e chi la odiava attraverso i figli e i nipoti. La vittoria per lei non è stata data solo dal fatto di essere sopravvissuti, ma dal fatto di avere generato altra vita, di avere la consapevolezza che ciò che lei è e ciò che le è stato provato a togliere non solo c’è adesso, ma ci sarà ancora. Sconfiggere la morte, l’odio e, perché no, l’ignoranza attraverso la vita. Una frase bellissima, che mi ha colpito fortemente e che sicuramente aiuterà molte persone a superare le loro difficoltà.

Ecco i miei pensieri riguardanti l’incontro con Liliana Segre. E ci tenevo a ringraziarla per ciò che ha detto e per l’importantissima lezione di vita che ci ha dato. Grazie Liliana.

Simone Pezzoni

Un incontro toccante, non voglio riportare nessuna delle sue preziose parole pronunciate oggi, voglio solo ricordare che tutto questo non dovrà mai essere dimenticato, perché fa parte della nostra storia e non dovrà essere cancellato.

Diego De Martino

 

(articolo a cura della professoressa Elisabetta Oggioni)

Ho imparato a non odiare: le foto